Frozen Stories

Dal 25 febbraio 2014 al 10 gennaio 2016

Reperti e storie dai ghiacciai alpini
Mostra temporanea nel Museo Archeologico dell'Alto Adige

La mostra temporanea del Museo archeologico dell'Alto Adige mette in luce una caratteristica inaspettata del cambiamento climatico: il lato archeologico, che rivela quello che, per lungo tempo, è rimasto nascosto nei ghiacciai. Da questo punto di vista, Ötzi non è il solo caso fortunato degli ultimi decenni: molti altri reperti sono emersi dal ghiaccio e ci raccontano storie del passato lontano e recente. E con ogni nuovo ritrovamento si pone la domanda: cosa spinse gli esseri umani ad andare sui ghiacciai nel corso dei secoli?

La neve e il ghiaccio congelano oggetti, storie e destini, che lo scioglimento dei ghiacciai ci restituisce a distanza di millenni o di secoli, giustificando l'esistenza di un ramo relativamente recente della ricerca storica: l'archeologia dei ghiacciai.

Spesso sono gli alpinisti a imbattersi direttamente in questa "eredità umana"; legno, metallo, pelle, stoffa e molti altri materiali si conservano in modo ottimale grazie alle bassissime temperature e all'assenza di luce e aria. L'unica minaccia è costituita dalle immense forze che i movimenti dei ghiacciai esercitano sugli oggetti.

Questi elementi nascosti ci mettono di fronte alle storie e al destino dei nostri antenati, dimostrandoci che l'uomo si spinge da sempre tra le altezze inospitali delle Alpi, nonostante il freddo, la neve e le condizioni climatiche pressoché insostenibili. Cosa porta gli uomini e le donne ad andare sui ghiacciai? Questa mostra temporanea segue le loro tracce, cercando di ricostruire obiettivi, storie e tragedie.

Frozen Stories mostra reperti rari e, in parte, relativamente recenti rinvenuti nei ghiacciai delle Alpi, alcuni dei quali sono esposti per la prima volta.

Un percorso multimediale con animazioni, video e ritrovamenti originali rende comprensibile il fenomeno dei ghiacciai e affascina (i visitatori) per la sua attualità.

Oggetti:
Frammenti di alberi (pino cembro e larice) dei vari millenni.
Apparecchio a getto di vapore impiegato nell'estate del 1992 per lo scavo al Giogo di Tisa durante la ricerca di ulteriori reperti legati all'Uomo venuto dal ghiaccio.

Quando un ghiaccaio arretra, capita che riporti alla luce anche resti di animali selvatici. Così è stato per il frammento di palco cervino rinvenuto a 2900 metri di altezza sulle Vedrette di Ries (Alto Adige) che risale a 7000 anni fa (Neolitico).

Oggetti:
Punta di corno di stambecco, 1520-1190 a.C. Monte del Cumulo – Cima Snella, Alto Adige (I).
Scheletro maschile con corredo funerario, ca. 2.800 a.C. (replica).
Zoccolo di mulo, cavallo o asino con ferro, XIX secolo, Vedretta Ultima, Martello, Alto Adige (I).

Gli ultimi lembi del ghiacciaio tra il Monte del Cumolo (3238 m) e la Cima Snella (3160 m), sul confine tra i comuni di Plan (I) e Obergurgl (A) si stanno sciogliendo. Di conseguenza sulle sue falde riaffiorano continuamente oggetti sepolti dal ghiaccio migliaia di anni fa. I resti ossei degli stambecchi ritrovati sono stati datati all'età del Bronzo. Altri resti di ossa, corna, pelliccia e sterco di questi animali furono trovati dagli archeologi nel 2012 in vari punti dell'altura.

Sulla Vedretta Ultima, un ghiacciaio dell'Alta Val Martello (Alto Adige), una sessantina di anni fa venne alla luce lo zoccolo di un mulo, cavallo o asino completo di ferro inchiodato.

Oggetti:
Prima Guerra Mondiale: cannone da montagna da 7 cm M.99, pezzo di artiglieria impiegato sull'Ortles, periodo di fabbricazione 1902-1908.
Fucile ad avancarica, coltellino tascabile, orologio da taschino, XIX secolo, Großglockner, Tirolo orientale (A).

Nel corso della storia le montagne sono state ripetutamente teatro di eventi bellici. Lo testimoniano i due accampamenti dell'esercito romano sul Passo del Settimo e nella gola Grap Ses (Cantone dei Grigioni), entrambi riconducibili alla conquista delle Alpi promossa dall'imperatore Augusto nel 16/15 a.C.

Tristemente famoso è il fronte alpino aperto nel 1915 durante la Prima Guerra mondiale. I soldati disseminarono gli alti crinali di postazioni d'artiglieria, sbancarono i fianchi delle montagne per creare ripari, scavarono e fortificarono chilometri di trincee. Nell'estenuante guerra di posizione combattuta tra neve e ghiacci, il maggior numero di vittime non fu causato dal fuoco nemico, ma da intemperie e valanghe.

Oggetti:
Seconda Guerra Mondiale: paracadute del Capitano Robert M. Dawson e kit di pronto soccorso del pilota americano, 1943, Vedrette di Ries, Alto Adige (I).
Piccozza da ghiaccio in ferro, 1939, Ghiacciaio Mittelbergferner Ötztal (Tirolo/Austria).
Scarpone da montagna con suola chiodata, 1939, Ghiacciaio Mittelbergferner, Ötztal (Tirolo/Austria).

Dalla Forcella di Valfredda proviene una suola di legno, munita di anello laterale in ferro nel quale passava la cinghia per fissarla alla scarpa. Le calzature con le suole in legno erano più robuste e quindi idonee per i lavori in alta montagna o su terreni ripidi come i prati da falciare.

Oggetti:
Scarpa in pelle, epoca romana, Schnidejoch, Cantone di Berna (CH).
Quattro ghette, calzatura e calzini, 800–500 a.C, Vedrette di Ries, Alto Adige; necropoli di Windschnur, Rasun di Sotto, Alto Adige (I); suola di legno, XIX secolo, Forcella di Valfredda, Alto Adige (I).

Nella preistoria l'uomo era già bene equipaggiato per l'alta montagna. Lo testimoniano, tra l'altro, diversi ritrovamenti sul ghiacciaio della Forcella di Valfredda, nel gruppo delle Vedrette di Ries (Alto Adige). In prossimità dell'antico valico alpino, a oltre 2800 metri di quota, sono state rinvenute due paia di ghette antineve, nonchè resti di calzini e di una scarpa in pelle databili all'età del Ferro.

Benchè risalenti all'età del Ferro, le ghette risultano ideali per camminare nella neve senza bagnarsi. Si indossano infilandole sulla gamba e coprendo il dorso della calzatura con la parte anteriore appositamente allungabile. Ciascuna ghetta è provvista inoltre di due lacci laterali per fissarla in basso. In questo modo si proteggevano sia le scarpe sia i calzoni fino al ginocchio. I numerosi rammendi indicano che le ghette furono indossate a lungo e di frequente. Quanto alla loro funzionalità, basti pensare che forma e caratteristiche dei modelli attuali sono rimaste pressochè identiche.

A ulteriore conferma della millenaria presenza umana alle alte quote, nella tomba n. 44 della necropoli di Windschnur (Rasun di Sotto) è stato trovato anche un paio di ramponi da ghiaccio.